Il Roero, Patrimonio UNESCO dal 2014, è uno dei territori più affascinanti del Piemonte per la sua conformazione geografica estremamente variegata e l’interesse che suscita dal punto di vista storico, artistico e culturale.

Quest’area dalle origini remotissime e oggi compresa tra le pianure di Carmagnola e la riva sinistra del Tanaro, prende il nome dall’antica famiglia dei Roero, una delle casate nobiliari più importanti del Piemonte tuttora esistenti.

Delle oltre venti linee familiari di cui si aveva notizia già nel XVI secolo, attualmente ne rimangono solamente due rami: i Marchesi Roero di Cortanze e i Conti Roero di Monticello, ma nella lunga storia di questa prestigiosa dinastia sono innumerevoli i personaggi importanti, che hanno contribuito alla crescita della nostra regione in tantissimi ambiti.

La storia della famiglia Roero

Le origini della famiglia Roero sono legate ad almeno due leggende: la prima individuerebbe il capostipite in un condottiero fiammingo, chiamato Ghillone o Gillone, il quale venne portato in trionfo a Gerusalemme su un carro a tre ruote, presente sullo stemma della casata, mentre la seconda narra che i Roero sarebbero i diretti discendenti di un re longobardo, chiamato Rotari, di cui ebbero il privilegio di ereditare il nome.

Ciò che è certo, è che i Roero furono una delle dinastie più influenti del Basso Piemonte per lungo tempo, grazie all’appartenenza alle casane astigiane, ovvero dei banchi in cui si svolgevano attività di cambio valuta e prestito su pegno. Una funzione molto importante e redditizia che, soprattutto nel Medioevo, favorì la diffusione dei traffici e degli scambi commerciali tra Asti e i territori circostanti della Liguria, della Lombardia e della vicina Francia.

In epoca medievale, la famiglia seguì sempre una politica molto prudente, senza mai schierarsi apertamente per i guelfi o ghibellini, e questo consentì a molti suoi rappresentanti di ricoprire cariche pubbliche e di stringere accordi con altre dinastie della zona, come i Solaro.

Tra le tante figure di spicco, merita citare Bonifacio Roero, il quale, dopo essere stato catturato dai turchi durante una crociata, decise di dedicare un monumento alla Madonna da porre in cima alla prima montagna che avesse visto, quando fosse tornato sano e salvo in patria. Per onorare il voto fatto durante la prigionia, nel 1358, Bonifacio e alcuni portatori furono i primi a scalare la vetta del Rocciamelone a 3538 metri di quota per installare un trittico di bronzo, probabilmente fiammingo.

Nel XVII secolo l’opera venne trasferita nella Cattedrale di Susa e, dal 2000, si può ammirare, protetta da un’apposita teca, nel Museo d’Arte Sacra della città. Attualmente, nel luogo in cui era inizialmente stato posto il trittico, si trova il rifugio alpino Cà d’Asti.

? Franco56  – Statua della Madonna sulla cima del monte Rocciamelone

A partire dal XVI secolo, il potere della famiglia Roero si espanse in tutta Europa, grazie all’acquisizione di numerosi feudi e alla possibilità di frequentare assiduamente la corte sabauda, di cui diventarono fedeli collaboratori.

Tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, il Duca Carlo Emanuele I di Savoia nominò ben 8 governatori appartenenti ai diversi rami della famiglia Roero, tra cui Francesco Roero di Sciolze, che amministrò a lungo la città di Torino, così come Ercole Tommaso Roero di Cortanze, il quale, dopo aver prestato servizio nell’esercito sabaudo nelle Fiandre, divenne governatore di Cuneo e Nizza, oltre ad assumere le cariche di generale, nel 1607, e di sovraintendente generale delle milizie nel 1614.

La fiducia che i Savoia riponevano nei Roero si espresse anche con le nomine ad ambasciatore di Tomaso Ercole Roero di Cortanze, che venne inviato prima a Vienna e successivamente presso la corte inglese, per poi essere nominato Viceré di Sardegna tra il 1727 e il 1731.

Sebbene ci fosse una grande stima reciproca, non mancarono i dissapori tra la casa regnante e i Roero, in particolare durante la I Guerra del Monferrato, quando nel 1614 Carlo Emanuele I dichiarò guerra alla Spagna. In quel periodo, molti esponenti della famiglia vennero allontanati dalla corte o arrestati, tra cui Emanuele Filiberto Roero di San Severino.

La chiusura delle zecche e i continui saccheggi che colpirono Asti durante il conflitto, determinarono il declino definitivo della famiglia Roero e delle altre casate del territorio astigiano, che furono costrette a ridimensionare i propri possedimenti e il potere politico. I personaggi più importanti e influenti della famiglia Roero si trasferirono a Torino, lasciando decadere gli edifici o dandoli in gestione ai rami cadetti o ad altre famiglie del territorio.

Cosa vedere della famiglia Roero ad Asti e dintorni

I Roero cominciarono ad occupare molta parte della città di Asti e dei suoi dintorni già a partire dal XIII secolo, grazie ai profitti dei commerci e all’acquisizione di proprietà, derivanti dai prestiti a pegno. In poco tempo, riuscirono letteralmente a colonizzare l’intera area e a creare nuove opportunità per il Comune di Asti, che ben presto strinse accordi commerciali con Pavia, Genova e il Marchese di Saluzzo, che all’epoca dominava il Piemonte centro-meridionale.

La situazione di benessere di cui potevano godere i cittadini astigiani portò ad un aumento della popolazione e a un’espansione della città, che nel XVII secolo poteva contare su diverse costruzioni fortificate e torri d’avvistamento.

Proporzionalmente alla crescita della città, si intensificò la presenza dei Roero all’interno del tessuto urbano, in particolare nel quartiere San Martino che, dopo la visita dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo, venne dichiarato territorio franco e inviolabile. Questa zona della città assunse il toponimo di Contrada Roera fino alla fine del XIX secolo.

L’odierno quartiere San Martino, uno dei più antichi della città di Asti, sorge probabilmente su un precedente insediamento d’epoca romana e per molto tempo ha rappresentato un punto di aggregazione fondamentale per le diverse attività commerciali, ma anche militari, sociali e religiose per la sua vicinanza con l’omonima porta, attraverso cui era semplice raggiungere le mura cittadine e il fiume Tanaro.

Le abitazioni occupate dai Roero erano diffuse in tutta la Contrada e caratterizzate dalla classica struttura fortificata delle caseforti con torri, giardini e orti all’interno dei cortili. Gli edifici più emblematici della potenza dei Roero in epoca medievale sono i palazzi che circondano l’odierna Piazza San Martino, tra cui il complesso Roero di Monteu e il Palazzo dei Roero di Settime e di Mombarone, che occupa il lato occidentale della piazza, il quale venne rimaneggiato più volte nel corso del tempo e che è tuttora oggetto di lavori di restauro e consolidamento.

?  FaberhTorre dei Roero di Monteu e dettaglio finestra, lato ovest

Nella vicina Via Roero, si possono invece ammirare:

  • Il Palazzo e la torre Roero di Monticello e di Piea, in seguito chiamato Musso-Isnardi, il cui piano nobile custodisce ancora gli splendidi soffitti decorati del XVIII secolo,
  • Il Palazzo dei Roero di Calosso e di Cortanze, che conserva ancora parzialmente la struttura originaria,
  • Il Palazzo di Monticello e di Piea in Via Roero 60 con i meravigliosi soffitti lignei trecenteschi su cui campeggiano emblemi, motti, scene di tornei e imprese araldiche, e
  • Il Palazzo Roero e Tomatis di Chiusavecchia originariamente parte di un complesso architettonico molto esteso e successivamente trasformato in un convento di Carmelitani.

Se ci si sposta all’angolo tra Via San Martino e Via Sella, si potrà notare il Palazzo Roero di Cortanze, la cui facciata esterna risulta ben conservata e che all’interno custodisce ambienti dalla tipica architettura duecentesca, con soffitti a costoloni e finestre ad arco a tutto sesto.

A poca distanza, si trovano l’imponente Palazzo dei Pelletta di Cortazzone, che presenta alcuni saloni affrescati a tema mitologico risalenti all’Ottocento, e l’antico Palazzo Roero adiacente alla Porta San Martino, che si ipotizza possa essere la prima residenza dei Roero nella Contrada dopo il trasferimento dal Rione San Paolo, che si trova nella parte più meridionale della città.

Tra il Cinquecento e l’inizio del Novecento, la Contrada Roero visse un periodo di totale decadimento, finché negli anni Sessanta e Settanta molti edifici vennero acquisiti dal Comune di Asti e dal demanio per essere utilizzati come scuole e strutture di pubblica utilità.

?  Faberh

In ordine di apparizione: Casa Roero (via Roero angolo via San Martino) – Torre e casa Roero di Cortanze in via Quintino Sella (facciata+torre) – Casa dei Roero di Calosso e di Cortanze, in via Roero angolo via Quintino Sella (a destra la cupola della chiesa di San Martino, a sinistra la Torre dei Monteu)

Nelle vicinanze di Asti, le vestigia dei Roero sono ancora molto presenti, grazie al lavoro di conservazione degli eredi e delle istituzioni locali, in particolare molto ben conservati sono il Castello di Monticello, dove vivono ancora gli eredi dei Roero di Monticello, il Castello di Pollenzo a Bra, oggi sede dell’Università di Scienze Gastronomiche e della Banca del Vino, e il Castello di Sommariva Perno, acquistato da Vittorio Emanuele II per la Bela Rosin, con cui condivise momenti felici e dove scrisse pagine importanti del Risorgimento Italiano. Infine, a Guarene, dove si può ammirare il bellissimo castello progettato da Filippo Juvarra per il conte Giacinto Roero.

Conoscevi la storia della famiglia Roero?
Se hai visitato un castello o conosci qualche luogo rappresentativo di questa importante dinastia, vieni a raccontarci la tua esperienza sul gruppo Facebook di Gite Fuori Porta in Piemonte. Sarà sicuramente molto interessante per approfondire il passato della nostra regione!

?  Faberh – Foto d’epoca