L’esigenza di trovare nuove produzioni di nicchia per differenziarsi dal mercato globale sta diventando sempre più essenziale, soprattutto per le piccole aziende agricole piemontesi, gestite prevalentemente da giovani imprenditori.

Fino agli anni Cinquanta, la polenta ottenuta con varietà pure di mais locale rappresentava il piatto principale di tutte le tavole rurali piemontesi. L’avvento di specie ibride provenienti dall’America, più produttive, ma meno pregiate, ha messo in serio pericolo i mais antichi piemontesi, che hanno continuato ad essere coltivati solo da pochissimi agricoltori, prevalentemente per proprio consumo personale.

Le coltivazioni intensive di mais ibrido, utilizzato prevalentemente per la produzione di mangimi per animali e amido, guardano più alla quantità che alla qualità del prodotto stesso e hanno un utilizzo molto limitato in campo alimentare. È quindi diventato fondamentale riscoprire le antiche varietà di mais, ormai diventate rare, per trovare nuove alternative e nuove produzioni, dove la qualità è al primo posto.

Le difficoltà legate a queste piccole produzioni di nicchia non sono poche. Infatti, i Mais Antichi rendono circa un quarto rispetto al mais ibrido, in fase di raccolta è necessaria una selezione manuale delle piante e delle pannocchie migliori, e soprattutto è indispensabile che i campi siano lontani e separati da altre varietà per mantenere la purezza del seme ed evitare l’ibridazione, che porterebbe a una perdita delle caratteristiche organolettiche e della qualità. Inoltre, dal punto di vista economico, il prezzo sul mercato della granella è rapportato alla minore produzione e quindi potrebbe sembrare poco vantaggioso.

Nel 2004, al fine di promuovere e tutelare le quattro varietà di mais antichi coltivate in Canavese, in Val Susa e nella pianura tra Torino e Pinerolo, è nata l’Associazione Antichi Mais Piemontesi, la quale oggi raccoglie più di 80 soci e certifica circa 1000 quintali di produzione. I mais antichi attualmente certificati dall’Associazione sono il Nostrano dell’Isola, il Pignoletto Rosso e Giallo, l’Ottofile e l’Ostenga con le loro varianti.

Tra le aziende agricole che hanno deciso di puntare su queste piccole produzioni alternative e limitare quelle intensive, c’è quella di Andrea Franco a Bollengo, il cui scopo sin da subito è stato offrire ai propri clienti prodotti di altissima qualità, a chilometro zero e coltivati nel rispetto della natura e dei cicli stagionali.

Una piccola realtà agricola a Bollengo

Ormai in tutto il Piemonte, le aziende agricole che hanno deciso di differenziarsi e specializzarsi in piccole produzioni, riscoprendo prodotti tradizionali sono molte e diffuse su tutto il territorio.

Una di queste si trova a Bollengo, proprio all’entrata del paese. Andrea Franco ha creato la sua attività nel 2012 puntando principalmente sulla coltivazione di piante officinali e mais antichi piemontesi, varietà con una resa minore, ma di qualità assolutamente superiore.

L’idea di coltivare queste varietà rare e autoctone, quasi completamente scomparse, è nata quando Andrea è entrato in possesso di alcuni semi di Nostrano dell’Isola, un mais tipicamente piemontese, e ha deciso di provare a seminarlo in un suo campo vicino a casa. Dopo il primo esperimento, è entrato in contatto con l’Associazione Antichi Mais Piemontesi, dove ha scoperto altre realtà simili alla sua e ha potuto scambiare i suoi semi con altre varietà locali.

Attualmente, all’interno della sua azienda si producono quattro diverse varietà di mais antichi, ognuna con particolari caratteristiche di gusto, consistenza e valore proteico. Il più prodotto e apprezzato dai clienti per il gusto piacevole è il Nostrano dell’Isola, con cui si producono sia la farina da polenta sia le gallette in diversi formati. Per quantità, segue l’Ottofile rosso, più gustoso del Nostrano e apprezzato dai cultori della polenta tradizionale piemontese. La terza produzione per ordine d’importanza è l’Ottofile bianco da cui si ottiene una farina da polenta bianca, amata soprattutto dagli appassionati di questo tipo di farina. Non ultimo per ordine d’importanza, è il Pignoletto Rosso, una qualità tipicamente canavesana, il cui gusto particolare leggermente amarognolo incontra solamente i palati più esigenti.

Oltre al lavoro nei campi, nel suo nuovo laboratorio alimentare, Andrea produce autonomamente le sue farine di mais, le piccole bollenghine da gustare come snack e le gallette più grandi da utilizzare come sostitute del pane, abbinando anche farine di altri cereali e legumi come orzo, grano saraceno e piselli. Un’ulteriore specialità di questa piccola azienda sono gli oli essenziali di lavanda, timo, issopo, citronella, salvia e rosmarino ottenuti con un processo di distillazione per corrente di vapore, le saponette con olio e fiori di lavanda e i profumatori per armadi e cassetti.

A breve, i mais antichi verranno anche utilizzati per la produzione di una nuova birra totalmente canavesana, a cui si collegherà una nuova coltivazione di luppolo.

Un progetto Regionale per la valorizzazione degli Antichi Mais Piemontesi

Da alcuni mesi, la Regione Piemonte in collaborazione con l’Associazione Antichi Mais Piemontesi e le Università di Torino e Pollenzo, stanno promuovendo un nuovo progetto di studio e valorizzazione di queste antiche varietà tradizionali.

Dopo un’attenta selezione delle aziende agricole che hanno aderito all’Associazione Antichi Mais su tutto il territorio regionale, sono stati organizzati quattro incontri preliminari tra gli imprenditori e i docenti per visionare le coltivazioni in campo, confrontare le piante con le varietà ibride e valutare l’accrescimento, il colore e la forma delle pannocchie.

Durante l’incontro a Bollengo, l’attuale Presidente dell’Associazione, Loris Livio Caretto, ha illustrato ai docenti le particolarità delle varietà piemontesi e messo in risalto il loro valore per la conservazione della biodiversità e del patrimonio genetico puro di queste coltivazioni.

Sono stati preannunciati ulteriori incontri che coinvolgeranno gli studenti della Facoltà di Agraria di Torino e gli Istituti Scolastici Superiori del territorio, in modo da diffondere la conoscenza di questo importante patrimonio anche tra le future generazioni.

Attraverso queste visite in azienda verrà raccolto materiale didattico e fotografico, utile per i futuri studi e per la conservazione delle varietà di mais.

Sicuramente questo è un primo importante passo verso la valorizzazione di queste varietà che altrimenti sarebbero andate perse, ma è anche uno stimolo per gli imprenditori a trovare nuove coltivazioni alternative anche partendo dalle sementi più antiche e tradizionali.