Siete mai stati al Museo di Scienze Naturali di Torino? Se ci siete stati, la facciata imponente, le sale dai soffitti altissimi, lo scalone monumentale, la farmacia con i suoi arredi settecenteschi e l’atrio con le volte a crociera vi saranno sicuramente rimasti impressi nella memoria. Prima di essere un museo, questo edificio era la sede dell’ospedale San Giovanni Battista e questo spiega la struttura così particolare!

Al momento il Museo è chiuso per restauri, in seguito a un grave incidente avvenuto 8 anni fa, ma a breve (l’apertura è prevista per Ottobre) sarà di nuovo visitabile e sicuramente sarà una meravigliosa sorpresa per tutti i visitatori è infatti uno degli appuntamenti culturali più importanti per la città nel 2021. Nel frattempo, ci immaginiamo una visita speciale, accompagnati da una guida d’eccezione che conosce molto bene queste sale.

Un’avventura speciale nel Museo

È sera in Via Giolitti, in pieno centro a Torino. Le luci sono ormai basse e la facciata di mattoni del Museo di Scienze Naturali assume colori magnifici. Accanto al portone, proprio vicino ad una delle colonne che adornano l’ingresso, un uomo con un paio di baffi ben curati, un abito elegante e un cappello di paglia in testa.  Sembra proprio che ci stia aspettando!

E infatti, con eleganza, ci porge la mano e ci invita ad entrare, perché lui qui è di casa. Si chiama Emilio Salgari, è veronese, ma ormai da tempo si è trasferito a Torino e passa le sue giornate nelle sale del Museo, studiando e cercando informazioni. Lui scrive romanzi, prevalentemente d’avventura, ma anche di quella che potrebbe essere definita “fantascienza” per la sua epoca.

Entriamo nell’atrio e subito ci sentiamo accolti in un luogo magico, dove la scienza, la natura, l’arte e la storia si fondono. L’atmosfera è tranquilla e rilassata, ma la nostra guida ci sta già facendo segno di seguirlo.

Subito a sinistra entriamo nell’area dedicata ai minerali e alla storia della Terra. Emilio ci mostra i campioni di minerali e rocce provenienti da tutto il mondo con i loro incredibili colori, i plastici e i modelli tridimensionali, gli strumenti utilizzati dai geologi e le attrezzature dei minatori. Alcuni oggetti, per lui sono totalmente nuovi, perché sono stati acquisiti dal Museo solo nel 1980. Ci soffermiamo davanti alle vetrine per un po’, ma la nostra visita deve proseguire e passiamo alla sala successiva, una delle preferite di Emilio.

Qui ci immergiamo completamente nelle foreste del Madagascar, uno dei luoghi al mondo con la più ampia varietà di animali e specie vegetali endemiche. Un tuffo in una foresta tropicale, tra animali e vegetazione lussureggiante. Sembra quasi di sentire i versi dei lemuri, che saltellano da una parte all’altra della sala, e l’ombra di qualche camaleonte che ci osserva con i suoi occhi che si muovono indipendenti. Sarà la suggestione!

Andando sulla destra, continuiamo la nostra visita in un’infinita collezione di scheletri, mastodontici dinosauri, fossili, mammiferi, uccelli, insetti e rettili di varie specie. Una tigre ci sta proprio osservando e un orso si sta proprio muovendo verso di noi! Meglio affrettare il passo!

In fondo a questa sala lunghissima, si trova l’Arca, con i suoi scaffali che riproducono la stiva di una nave ottocentesca e al centro l’enorme scheletro di una balena, che pare nuotare nell’aria.

L’ultima parte del piano terra, prima di tornare nell’atrio, contiene il Museo Storico di Zoologia. Una delle parti più antiche del museo e sicuramente più interessanti. Emilio si ferma un attimo, e con nostalgia inizia a raccontare:

“Mi sedevo proprio qui, in un angolino, e iniziavo a immaginare terre lontane, mari impetuosi e personaggi intrepidi e coraggiosi. Mi bastava alzare gli occhi per vedere il mondo, sognarlo e scrivere le mie avventure!”

Una volta tornati nell’atrio, saliamo ai piani superiori attraverso il maestoso scalone monumentale. Al primo piano si trova la biblioteca, una collezione di più di 19.000 monografie e riviste di scienze naturali a livello specialistico. Ma soprattutto più di 6000 titoli, tra volumi antichi, riviste e miscellanee stampate tra il 1500 e il 1850, una vera miniera per uno come Salgari, sempre alla ricerca di informazioni per ambientare i suoi romanzi. Emilio continua il suo racconto:

“Oggi per scrivere avete questi strani aggeggi e in un attimo ci trovate tutto dentro. Ai miei tempi, non era mica così facile! Io che non mi sono quasi mai viaggiato, dovevi andare a cercare qualsiasi cosa, passare le giornate in biblioteca e rovistare tra montagne di carta! Era un vero lavoro, anche abbastanza faticoso, ma la mia curiosità non mi ha mai fermato! Sono stato un esploratore anch’io!”.

Parlando e raccontando aneddoti e avventure, arriviamo all’ultimo piano, una parte totalmente nuova per il nostro accompagnatore. Qui sembra proprio di tornare indietro nel tempo, all’epoca in cui questo edificio era ancora un ospedale, uno di quelli ritratti nelle vecchie fotografie di fine Ottocento. L’atrio e lo scalone sono affrescati e decorati con busti, statue e stucchi, un tripudio di forme e colori. Le sale sono disposte a croce greca, tipica degli edifici quattro-cinquecenteschi con al centro un altare ligneo sormontato da una cupola. Emilio è estasiato di fronte alle collezioni di animali e uccelli, e noi con lui. Su quest’ultimo piano, verranno allestite anche le mostre temporanee, ma per ora non c’è nulla, perché il museo è ancora chiuso.

Ormai è buio e con grande dispiacere ci dirigiamo verso l’uscita. Ma Emilio ha ancora tanta voglia di raccontare le sue avventure immaginarie tra Sandokan e il Corsaro Nero. Ed in effetti, passando davanti a una tigre, sembra proprio che voglia saltare fuori dalla vetrina da un momento all’altro, mentre l’elefante prende vita e con passi pesanti si avvicina allo scheletro della balena che inizia a muovere la coda. Sarà la suggestione di questo posto magico, i racconti di Salgari o l’atmosfera particolarmente affascinante, ma tutto sembra muoversi e seguirci fino all’uscita, come a volerci salutare e ringraziare un’ultima volta.

Lentamente raggiungiamo l’atrio d’ingresso, a dire la verità con un po’ di malinconia. Emilio indossa il suo cappello e dopo un leggero baciamano, si allontana su Via Giolitti scomparendo dietro l’angolo.

Dopo questa meravigliosa avventura, non ci resta che aspettare la nuova apertura del museo per visitarlo nuovamente, immaginare gli animali che riprendono vita e sentire ancora la voce di Salgari che ci accompagna tra le sale.