Le tradizioni carnevalesche in Italia affondano le loro radici nei secoli ed ancora oggi Carnevale rappresenta una festa molto sentita. Il Piemonte non è da meno tanto che in ogni città, grande o piccola che sia, non si risparmiano le feste ed i carri allegorici.
Una tradizione molto condivisa nei territori è quella delle maschere tradizionali che in Piemonte sono ben rappresentate da Gianduja e Giacometta.
Sono loro solitamente ad aprire le sfilate, vestiti di abiti settecentesche, portando con sé una storia molto particolare.

Il significato delle maschere di Gianduja e Giacometta

Esattamente come le maschere delle altre regioni italiane, anche Gianduja e la sua compagna Giacometta, vogliono rappresentare negli abiti e nel portamento le caratteristiche tipiche dei piemontesi dell’epoca in cui sono nate.

Non a caso Gianduja è la perfetta espressione del piemunteis bonario e pieno di giovialità: non manca di generosità, ospitaltià, sorrisi ed amore per la buona tavola ed il buon vino. Tuttavia, pecca di distrazione tanto che la leggenda ci racconta di una volta in cui cercò per ore il suo somaro… su cui era seduto!
Gli abiti indossati da Gianduja sono la rappresentazione fedele di come ci abbigliava in Piemonte nel corso del 1700: panciotto, pantaloni di fustagno e calze rosso sgargianti. Nella mano tieni sempre la doja, tipico boccale di vino, e sulla testa è sempre ben saldo il tricorno con coccarda tricolore.

Gianduja non è mai solo: al suo fianco troviamo Giacometta, a rappresentare il coraggio e la pragmaticità delle donne piemontesi. Il carattere di Giacometta si distingue per forza, saggezza ed intelligenza accompagnata a dolcezza perché possa essere di sostegno a Gianduja nel superare i problemi della vita. I suoi abiti richiamano la tradizione del folklore piemontese: un importante copricapo, una gonna lunga e larga, ed uno scialle sulla camicetta.

1808: nasce la maschera di Gianduja

Le origini di Gianduja risalgono al 1808 quando i burattinai Giovanni Battista Sales e Gioacchino Bellone hanno un’intuizione a dir poco vincente.
All’epoca i burattinai non mancavano ed era piuttosto difficile farsi strada in questo mondo pieno di concorrenza.
Sales e Bellone però non demordono e iniziano a girovagare nelle città portando i loro spettacoli sino ad arrivare a Genova. Qui mettono in scena uno spettacolo incentrato sulle disavventure di Gironi, particolarmente apprezzato dal pubblico che si divertiva nel notare l’assonanza con il nome del doge Girolamo Durazzo. Questa ironia sul potere politico della città piace molto al pubblico e meno alle autorità e Sales e Bellone vengono arrestati.

Una volta rientrati a Torino decidono di mettere in scena uno spettacolo il cui protagonista porta il nome di Gironi-Gerolamo. Anche qui la casualità non esiste: Gerolamo è il nome del fratello di Napoleone Bonaparte e nel corso dello spettacolo non mancano riferimenti alla dominazione francese dell’epoca.
La satira costa loro una condanna a morte e conseguente carcerazione nelle torri palatine da cui, fortunatamente, riescono ad evadere. Una volta fuggiti, rifugiano ad Asti e vengono ospitati a Callianetto del Monferrato in una cascina che ancora oggi, non a caso, è soprannominata Ciabot d’Gianduja.

Gianduja: la maschera di carnevale tipica Piemontese.
Fonte foto: wikipedia

Come si arriva a Gianduja?

Senza perdersi d’animo e facendo fruttare la loro fantasia e genialità, Sales e Bellone riscrivono il fortunato canovaccio trasformando Gironi in Gianduja. La trasformazione coinvolge anche gli aspetti caratteriali del personaggio, andando ad incarnare i tipici tratti del piemontese dell’epoca: un uomo gioviale, di umore felice e fedele tanto ai doveri quanto alla parola data.

Una volta tornati a Torino il successo è dietro l’angolo!

Il pubblico non può che innamorarsi immediatamente di Gianduja in cui si rispecchia e riconosce fedelmente. Gianduja viene adottato da svariate compagnie teatrali, diventa protagonista di vignette di stampo satirico e giunge addirittura ad influenzare in modo reale le decisioni politiche del parlamento subalpino.

Gianduja anche da mangiare

Inevitabilmente l’avvento dell’Unità d’Italia comporta un cambiamento nel significato della maschera che, da allora, si ridimensiona e lega la sua immagine al cibo ed al vino del territorio.

Nel suo nuovo ruolo, a Gianduja vengono dedicati ad alcuni dolci tipici piemontesi e l’esempio più noto è sicuramente quello del cioccolato Gianduja a base di cacao, zucchero e nocciole. Non è un caso che nel corso del Carnevale sia abitudine regalare i Giandujotti dalla tipica forma che ricorda subito il cappello di Gianduja.

Torino in Piemonte in Italia è famosa per la sua produzione di cioccolato, uno dei più famosi è il Gianduiotto.

Un altro esempio si ritrova nelle caramelle Gianduja: a base di zucchero ed essenza di frutta, vengono lavorate in recipienti di rame e regalate nel periodo carnevalesco. In passato la tradizione consisteva nello spezzare e condividere con i cari e gli amici pezzi di queste caramelle. Oggigiorno, per praticità, vengono prodotto in formati più ridotti, spesso sottoforma di lecca-lecca. Quel che non manca, ovviamente, è la raffigurazione di Gianduja sulla confezione.