

La caccia alle streghe nel Piemonte: il caso di Levone e Rivara
La storia delle streghe, o “masche“ come vengono chiamate nel dialetto piemontese, è stata una pagina oscura e spaventosa nella storia del Piemonte. I processi per stregoneria che si sono verificati nella regione hanno portato a aberrazioni incredibili, segnando secoli di superstizione, follia e terrore. Questi eventi hanno gettato un’ombra sinistra sulla vita delle persone coinvolte e sulla società dell’epoca.
Come giustamente osservato da Voltaire in uno dei suoi saggi, questi processi erano caratterizzati da individui miserabili che credevano di essere streghe e da giudici tanto imbecilli quanto barbari che le condannavano al rogo. La paura del diavolo e delle sue accolite aveva infestato le menti delle persone, portando a incredibili episodi di isteria collettiva.
Un aspetto particolarmente tragico di questi processi era che sia i giudici che gli imputati, insieme al pubblico, credevano sinceramente nella presenza dei diavoli. Questo ha reso la realtà degli eventi ancor più spaventosa. Le sentenze sembravano già decise ancor prima che iniziasse il processo.
I crimini descritti durante questi processi erano fantasiosi, complessi e spesso inverosimili. Gli imputati spesso confessavano per auto-suggestione o sotto la pressione della tortura, che era una pratica comune all’epoca. Questa tortura, eseguita su individui deboli o emotivamente fragili, poteva portare all’ammissione di reati che non erano mai stati commessi, creando storie talvolta fantasiose e terrificanti.
Nelle prime fasi del Quattrocento, la caccia alle streghe si intensificò in tutto il Canavese. Gli statuti di San Giorgio, ad esempio, prevedevano multe per le streghe, ma se non potevano pagarle, l’alternativa era il rogo.
Il Caso di Levone e Rivara
Uno dei casi noti di caccia alle streghe in Piemonte coinvolse Levone e Rivara. Nel 1474, inizia un processo che avrebbe portato all’esecuzione di molte donne. Il 23 settembre 1472 a Forno di Rivara, tre donne non identificate, ma note come sorelle di Pietro Bonero, furono bruciate come streghe.
Il processo a Rivara e Levone cominciò nel 1474 e coinvolse quattro donne di Levone: Antonia De Alberto, Francesca Viglone, Bonaveria Viglone e Margarota Braya. Accuse incredibili furono mosse contro queste donne, tra cui malefici e cause di morte di bambini e adulti, nonché incidenti di vario genere. Anche in questo caso, la presunta concretezza delle accuse si basava principalmente sulla “fama e voce pubblica”.
Francesca Viglone e Antonia De Alberto furono bruciate vive a Prà Quazoglio di Levone il 7 novembre 1474, mentre Bonaveria fu sottoposta a un processo successivo il 25 gennaio 1475. Mancano documenti che confermino il suo destino, ma è probabile che sia stata anch’essa giustiziata. Margarota Braya riuscì a fuggire all’inizio del processo e non fu mai trovata.
Un altro processo, a carico di cinque donne di Favria, Rivara e Forno di Rivara, è documentato, ma le informazioni sulla sua conclusione sono state perse nel tempo.
La caccia alle streghe terminò verso la metà del Settecento, ma il folklore e la superstizione legati alle streghe persistettero fino ai giorni nostri. Ancora oggi, alcune persone credono alle magie e alle streghe, anche se in forme più moderne, cercando aiuto per filtri d’amore, sortilegi o previsioni sul futuro. Mentre la Santa Inquisizione non minaccia più coloro che praticano la magia, l’attenzione delle autorità fiscali è una preoccupazione ben reale per chiunque cerchi di eludere le tasse.
In conclusione, la caccia alle streghe in Piemonte è stata una pagina oscura della storia, un capitolo di terrore e superstizione che ha segnato la vita di molte persone innocenti. La realtà di quei giorni era molto diversa dalle affascinanti leggende sulle streghe, e ci ricorda quanto sia importante diffidare delle credenze irrazionali e della paura collettiva.